Anche se non mancano miei lavori di taglio diverso, preferisco in quest’occasione pubblicare frammenti di trascrizioni di musica leggera. Sono i lavori che mi vengono più spesso richiesti e che penso di realizzare meglio. Si tratta di pagine ‘disimpegnate’ che mi tolgono tra l’altro dall’imbarazzo di confrontarmi con gli autori – quelli sì, compositori – che mi hanno preceduto nella rubrica.
Trascrivere per coro la musica leggera non è compito semplicissimo. Si tratta di riprodurre gli elementi distintivi del genere (timbri, ritmi e successioni armoniche) rispettando le esigenze dello ‘strumento’ coro. Ho cercato di costruirmi uno stile mediando tra le ‘sane’ certezze dell’armonizzatore e la giocosa operatività dell’arrangiatore. La giusta misura, anche in questo campo, determina la qualità dei risultati.
Studiavo armonia in Conservatorio mentre imparavo ad arrangiare collaborando con
alcuni professionisti del settore. Nella musica leggera il coro svolge ruoli secondari: funge
frequentemente da tappeto armonico o realizza linee di controcanto. Nelle rare occasioni nelle quali il coro può esprimersi polifonicamente si procede invece per invenzione e sovrapposizione di melodie, improvvisando su una base strumentale, senza badare ad incroci, raddoppi, successioni ‘vietate’ e accordi vuoti. Nasce così anche buona parte della musica strumentale dei gruppi pop e rock: fissata una struttura armonica, ogni strumentista seleziona le migliori fra le proprie improvvisazioni e le conserva registrate o le trascrive – esperienza questa, che potrebbe, tra l’altro, giovare a qualsiasi giovane musicista.
Ecco quindi le linee guida che mi sono prefissato, memore di una delle innumerevoli ‘perle’, elargitemi dall’indimenticabile padre Terenzio Zardini, il quale armonizzava di nascosto Lucio Battisti: «Anche il vin piccolo va lavorato con grande cura e rispetto perché va in aceto prima di quello buono.»
A. Il coro sia sempre protagonista.
Le trascrizioni si presentano a quattro voci miste con accompagnamento di pianoforte, batteria e contrabbasso, ma ‘reggono’ anche a cappella. Il coro canta sempre, anche in concomitanza d’interventi solistici. In ogni brano, solitamente all’inizio, viene riservata una sezione ‘corale’ con una presenza molto limitata degli strumenti allo scopo di offrire l’opportunità al coro di mettere in luce le proprie caratteristiche intonative, timbriche e dinamiche.
B. La melodia rimanga riconoscibile e l’ambientazione sonora (lo chiamano ‘sound’) non si discosti troppo dall’originale.
Ho resistito alla tentazione di impiegare la melodia a guisa di cantus firmus da contrappuntare o come pretesto di acrobazie armoniche: l’effetto risultante sarebbe stato caricaturale. Inoltre considero importante rispettare i movimenti armonici originali, anche se semplici, almeno nella prima strofa e nel ritornello; in ogni caso il tema deve rimanere sempre riconoscibile.
C. Le armonizzazioni rispettino le regole e non indispongano l’orecchio di un pubblico educato.
Gli ‘errori’ si possono tollerare sono quando inevitabili o rispondono ad esigenze espressive espressivamente, oppure quando risultano poco avvertibili.
D. Le parti siano cantabili e di estensione contenuta per facilitare la emorizzazione e la spontaneità interpretativa.